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Andrea Lucchetta - Brasile mondiali 1990

Andrea Lucchetta

Andrea Lucchetta: L’anima invincibile della Nazionale dei fenomeni

La migliore delle navi richiede il migliore dei capitani.

Così anche la migliore delle squadre.

Per vincere non basta mettere insieme i migliori del mondo, devi trasformarli in un gruppo unito, una squadra che scenda in campo sotto il comando, l’esempio e il coraggio del migliore tra loro, di chi saprà trascinarli oltre il limite, renderli più bravi della somma delle loro qualità e condurli alle imprese più importanti.

Questa è la storia di un capitano: Andrea Lucchetta nasce a Treviso il 25 novembre del 1962 e qui muove i primi passi nel settore giovanile e in prima squadra, prima di approdare nella massima serie dove svolgerà la sua carriera prima con Modena, poi con Milano e Cuneo.

La Generazione d’oro della Pallavolo Italiana

E’ uno dei componenti della generazione d’oro della pallavolo italiana, insieme ad altri, tra i quali spiccano Lorenzo Bernardi, Andrea Gardini, Luca Cantagalli, Andrea Zorzi, Paolo Tofoli.

E’ un gruppo eccezionale, che esplode sotto la guida del tecnico Julio Velasco, portando all’Italia, per anni, una serie di successi sino ad allora insperati.

Andrea “Lucky” Lucchetta è non solo un elemento essenziale di questo gruppo, fuoriclasse assoluto come molti altri componenti, ma è uno dei trascinatori, anche morali, e ne diventa capitano.

Nell’ottobre 1990 questa nazionale partecipa al mondiale di pallavolo che si svolge in Brasile.

L’Italia si qualifica come seconda del girone, perdendo con Cuba, e vince dapprima gli ottavi di finale, battendo la Cecoslovacchia, e poi i quarti, superando l’Argentina.

Il 27 ottobre 1990 affronta il Brasile, padrone di casa, in uno stadio ricolmo di oltre 25mila tifosi. La partita è fantastica e, in una situazione di perfetta parità si arriva al quinto set, sul 15 a 14 per l’Italia. Sulla palla decisiva tutti aspettano che il regista Tofoli azioni uno dei due schiacciatori, Cantagalli o Zorzi. Invece sul contrattacco italiano la palla decisiva viene alzata, con una veloce, per Lucky Lucchetta, che inchioda una schiacciata fantastica e chiude set e partita portando l’Italia in finale.

E’ il 28 ottobre 1990, e l’Italia in finale ritrova Cuba, che ci ha già sconfitto per 3 a 0.

Partiamo male e andiamo sotto perdendo il primo set. Ma reagiamo e mettiamo sotto i cubani, tra i quali spicca un giocatore eccezionale per tecnica e fisicità Joel Despaigne. Vinciamo il secondo e terzo set e conduciamo il quarto per 15 a 14.

Cuba non molla e Despaigne continua a martellare, con impressionanti schiacciate, il campo degli azzurri, causando una serie infinita di cambi palla, convinto ancora di poter vincere la finale.

Alla battuta va il nostro capitano e i cubani, che ricevono, organizzano una nuova azione di contrattacco. La palla viene alzata nuovamente per Despaigne, che salta più in alto di tutti e va a ruotare il braccio ad altezze siderali.

Lui stesso dichiarerà in una intervista: io ho schiacciato un palla imprendibile, ma Lucchetta si è buttato sulla sua sinistra… e l’ha presa.

Lucky” infatti si tuffa con una mano e salva sulla schiacciata. L’azione continua e la palla rimane in gioco passando dal campo cubano a quello italiano. Ancora Lucchetta, in fase difensiva, riesce ad alzare l’ennesima palla verso Tofoli, che la gira sul lato destro attacco, verso Lollo Bernardi che schiaccia sulle mani del muro cubano: la palla è deviata fuori dal campo.

Lo storico mondiale

È punto e vittoria per l’Italia. Per la prima volta nella propria storia l’Italia vince il mondiale. Ci riuscirà ancora, così come riuscirà, con quella generazione di fenomeni, a vincere una miriade di altri titoli.

Andrea Lucchetta viene nominato MVP di quel mondiale mentre la Federazione Internazionale Volley Ball premierà quella nazionale italiana come squadra del secolo.

Quel che ci piace pensare è che quella squadra di campioni divenne imbattibile perché i fuoriclasse che la componevano seppero diventare gruppo e squadra e il capitano che li condusse seppe esserne esempio, anima e cuore, ma, prima di tutto, seppe essere lui stesso atleta e uomo coraggioso e vincente.

Risuonano, per questi cuori impavidi, i versi immortali di William Henley, in Invictus: Ringrazio qualunque Dio esista per la mia anima invincibile… sono il padrone del mio destino,io sono il capitano della mia anima.

Michele Casagrande

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Avvocato Civilista del Foro di Treviso.