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enrico albricci
Enrico Albricci Pittore

Pittori Dimenticati: Enrico Albricci

ENRICO ALBRICCI
Lo stravagante chiaroscuro

Il pittore Enrico Albricci, nasce nel 1714 in provincia di Bergamo, da una famiglia guelfa: di carattere estroso e stravagante, apprende il mestiere di pittore da Ferdinando Cairo, in quel periodo residente a Brescia.
L’espressività pittorica di Enrico Albricci, è subito notata dai nobili del tempo, attraverso l’atteggiamento scherzoso e anche un po’ di scherno verso le forme e i volti. Albricci lavora moltissimo presso le nobili famiglie bresciane, Martinengo, Colleoni e Avogadri tanto che nel 1747, la commissione arriva a quarantotto ritratti a chiaroscuro di letterati e uomini illustri.
Enrico Albricci manifesta fin da piccolo, una spiccata predisposizione per il disegno e la pittura, che si completa da alcuni anni di formazione per poi diventare autodidatta.

La formazione pittorica di Enrico Albricci

La sua formazione pittorica studiando colori e tecniche di disegno si svolge presso la bottega di Ferdinando Cairo, tra il 1730 e il 1733, e poi ritorna a casa dai suoi genitori per seguire il desiderio di sposarsi. La bottega di Cairo è stata l’unico momento di formazione artistica di Albricci, in seguito apprende e sviluppa la sua tecnica e ispirazione attraverso l’osservazione e le richieste dei committenti e produce qualche piccola opera locale, quando nel 1740 riprende pienamente l’attività artistica in procinto di convolare a nozze con Magdalena.
La tecnica usata nei dipinti a soggetto religioso, affreschi e oli con dolcissime immagini sacre, si nota l’influenza del bolognese Francesco Monti e dei veneti pittori del tempo, mentre le telette, che Albricci in gran numero eseguiva per committenti privati, erano interamente disseminati di gnomi e animali stranissimi sulla scia delle bambocciate di Faustino Bocchi, che era stato allievo di Angelo Everardi, detto il Fiammenghino.
I successi artistici del pittore arrivano subito, a seguito delle numerose commissioni: nel 1744 dipinge a Brescia nella chiesa Della Carità due finte statue e con il pittore Scalvini affresca l’interno della chiesa di Berzo in Valcamonica.

I Divertissements

Nel 1763 è incoraggiato a continuare con i “divertissements” che tanto piacevano a una società “frivola, affettata, come i gingilli dei suoi vestiti, leziosa come gli inchini e le riverenze dei suoi minuetti” (P. Locatelli, 1869). Albricci, essendo per lo più un autodidatta, l’ispirazione gli arriva direttamente dai suoi committenti, e trova così spunti letterari a satirici che si ritrovavano nelle sue bambocciate. La fantasia dei “Viaggi di Gulliver” tradotto in francese nel 1729, offre occasione per alcuni dipinti e forse qualche altra idea gli viene anche dal “giovin” signore, messo alla berlina nel poemetto “Il Giorno” che il Parini pubblica tra il 1763 e il 1765. L’artista sposa, all’età di 27 anni, la sua coetanea Magdalena, figlia di Cristoforo Albrici e da lei ha quattro figli.
La relazione con la famiglia era abbastanza frammentata: per lungo tempo la moglie con i figli abita con i genitori e la sorella del pittore, mentre il marito faceva da spola tra la città di Brescia e i comuni che richiedevano i suoi servigi di pittore.

Gli affreschi di Capo di Ponte

Si arriva al 1770, con il ciclo di affreschi della parrocchia di Capo di Ponte, momento nel quale Albricci raggiunge la sua massima espressione creativa. In queste opere, si alternano tutti i generi affrontati dal pittore durante la sua carriera: i monocromi, i colori brillanti, le tematiche sacre e le scene caratterizzate da dettagli curiosi a volte bizzarri, che rimandano alle sue bambocciate.
Fortunatamente tutta la vita del pittore è stata ricca di commissioni e lavori eseguiti grazie al suo simpatico estro inventivo, con forme mai realizzate prima, e superlative per satira e fantasia. Gli ultimi due anni di vita dell’artista sono sempre caratterizzati da una grande produzione di bambocciate e dagli affreschi realizzati per la parrocchia di Zogno, dipinti che raffigurano il Martirio di San Lorenzo, riconosciuta come l’ultima importante opera del pittore prima della morte, che avviene nel 1773.

Gianni Fellissent

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Antropologo